Vittorio Zanon: l’assistente sociale con il www davanti
Nel 2014 la collega Francesca Longobardi chiese di farmi una intervista, che venne poi pubblicata in due parti: la prima parte nel suo blog Socialinstep a dicembre 2014 e la seconda nel blog Scambi di Prospettive della rivista Prospettive Sociali e Sanitarie a gennaio 2015. Poiché il blog di Francesca non è più online, ho deciso di riproporre la prima parte dell'intervista qui di seguito.
Vittorio Zanon, l'assistente sociale con il www davanti
“Devo riconoscere di avere avuto la fortuna di far coincidere il mio primo vero accesso al web con l’ingresso nel mondo professionale. Infatti è stato nei mesi successivi alla tesi di Diploma Universitario in Servizio Sociale che per la prima volta mi sono connesso ad internet. Ricordo ancora il modem analogico per la connessione al posto del telefono… cose che i nativi digitali di oggi forse nemmeno conoscono e che in molti abbiamo dimenticato. Si tratta di 15 anni fa, ma di cose ne sono cambiate davvero molte. Con l’accesso ad internet il primo punto di riferimento per me è stato il sito www.serviziosociale.com – allora e per molti anni l’unico sito specifico per assistenti sociali – creato dal collega Mario Abrate nel 1995. Era in quel periodo un punto di aggregazione per appassionati che si ritrovavano attorno al sito ed alla mailing list di ASit. All’epoca credo si fosse circa 400 da tutta Italia, accomunati dalla passione per la professione e da una minima curiosità nell’utilizzo delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. In quel contesto ci si ritrovava trasversalmente e tutti allo stesso livello tra differenti “componenti” della comunità professionale. C’erano infatti studenti, docenti universitari, colleghi di grande esperienza ed assistenti sociali che lavorano con professionalità e poca visibilità, alcuni alle prime armi, altri ancora impegnati in organizzazioni professionali (associazioni, sindacati, ordini regionali o nazionale…)… Ma la trasversalità era, oltre che geografica, anche anagrafica, di appartenenze associative e in, alcuni casi, pure di professione… In quel contesto, come prevedono le cosiddette netiquette (le regole di comunicazione online), ci si dava da subito del tu, favorendo quindi la creazione di un clima di fiducia reciproca e crescita collettiva, poiché ci si trovava a dialogare tutti quanti allo stesso livello. Un gruppo che è nel tempo cresciuto ed evoluto a numeri significativi (verso la metà degli anni 2000 si era circa 1500 in mailing list, arricchita da un forum altrettanto valido e significativo) e ha contribuito a far sì che nel sito venissero veicolati contenuti di qualità per la professione. Lo stare attivamente in quella comunità virtuale mi ha permesso di crescere da un punto di vista culturale e di maturare saperi specifici e competenze professionali che si sono contaminati con l’applicazione e l’utilizzo dell’informatica al Servizio Sociale. E crescevano pure alcuni contributi e contenuti culturali (ricordo articoli, approfondimenti su temi specifici, condivisione di risorse e strumenti…) spesso intrecciati da una dimensione ludica che permetteva di non cadere nella “pesantezza” (penso ai contributi presenti nell’angolo del buonumore, al clima di confidenza ed amicalità tra gli iscritti ed ai racconti dalla professione che con un certo coraggio si sono chiamati proprio “Ladri di bambini“, o al video “Sei un assistente sociale perché…”).
Attorno agli spazi comunicativi di ASit (sito, ML e forum che in fondo erano strumenti di condivisione, approfondimento, scambio di informazioni e saperi) ruotava una comunità di professionisti che hanno contribuito ad accrescere la comunità professionale più allargata. Mi pare significativo ricordare come Luigi Gui, nella prefazione al libro di Ruggero Capra “Operatori sociali e nuove reti”, abbia paragonato la comunità professionale di ASit alla comunità scientifica che ha prodotto il Dizionario di Servizio Sociale.
Devo riconoscere tuttavia che da quell’apice di potenzialità l’evoluzione non ha sempre corrisposto ad un mantenimento della qualità e solidità dei contenuti presenti. Infatti con la sempre crescente diffusione dei computer e dell’accesso al web, e tanto più con il massivo popolamento dei social network (con in primis ovviamente Facebook), si è proporzionalmente abbassato il livello di conoscenza e consapevolezza dell’uso degli strumenti informatici. Mi riferisco ad esempio ai numerosissimi gruppi nati su Facebook e destinati ad assistenti sociali, che spesso di fatto si sovrappongono per finalità ed uso. L’apparente facilità degli strumenti di comunicazione, paradossalmente, finisce a volte per disperdere le energie dei singoli, alimentare false aspettative, favorire la diffusione di informazioni scorrette, non far riconoscere l’autorevolezza di certe fonti. È parte del “dramma” che si vive con il “tutto e subito”, in cui manca la riflessività, sostituita dalla rapidità e dove il senso di appartenenza è soppiantato da un’apparente illusione che fa ritenere di essere sempre in connessione e relazione con tutti. Non voglio per carità demonizzare tutto quanto, né teorizzare contro i social network, ma sono convinto che in certi ambienti, come professione, non possiamo non stare… anche se dovremmo tuttavia porre maggiore attenzione al “come” vi stiamo, oltre all’esserci con competenza e consapevolezza. L’esperienza, mia e di altri, può testimoniare come il saper stare nella “rivoluzione digitale” possa migliorare la qualità del lavoro quotidiano, anche attraverso la condivisione e messa in comune dei saperi. Penso ad esempio alla ricchezza delle comunità che ruotano attorno al software libero (Linux, LibreOffice, Joomla…), dove condivisione, collaborazione e cooperazione portano un plusvalore a tutti. È in questa direzione che può essere utile andare, promuovendo un percorso educativo di tipo culturale all’interno della comunità professionale degli assistenti sociali."
“Devo senz’altro moltissimo all’esperienza ed all’impegno più che decennale negli spazi di ASit Servizio Sociale su Internet dove ho potuto arricchirmi e crescere, probabilmente più di quanto sia riuscito a dare. E dall’assumermi in prima persona lo slogan da sempre presente nel sito di ASit “non chiederti cosa può fare questo sito per te, ma chiediti cosa puoi fare tu per questo sito”.
La passione per l’informatica, la curiosità di trovare nuove pratiche per il lavoro quotidiano ed una dose di creatività mi hanno poi aiutato ulteriormente. A piccoli passi, quindi, mi sono trovato a curare delle aree specifiche del sito di ASit, prima solo con dei contenuti (il Siglario di Servizio Sociale, che abbiamo ormai un po’ trascurato, ma che sarebbe interessante andare ad aggiornare) e poi gestendo autonomamente tutta una sezione dedicata a studenti e formazione permanente (tra i molti colleghi che mi hanno supportato in quell’esperienza non posso non ricordare Ombretta Okely), fino a ritrovarmi ad assumere il ruolo di webmaster del sito, per conto di quel gruppo informale di colleghi che nel frattempo ha dato vita all’associazione culturale ASit Servizio Sociale su Internet. Parallelamente, e proprio per sperimentare la creazione di siti, mi sono creato un sito personale, nato quasi per gioco, e che è successivamente evoluto nel sito artigianosociale.com.
Credo siano stati la passione e l’impegno a portarmi ad avere alcune richieste di supporto e consulenza esterna per le competenze informatiche sviluppate nell’applicazione a contenuti di Servizio Sociale (dalla ricerca, alla documentazione e cartella sociale informatizzata a, inevitabilmente, le tecnologie utilizzate in ambito di comunicazione web).
Il “successo” o la visibilità, poi, peraltro non certo cercati da parte mia, sono venuti credo di conseguenza al cercare di mantenere sempre un atteggiamento di umiltà nell’approccio alle iniziative che porto avanti. Ciò su cui ho cercato di puntare è la qualità delle cose rispetto alla quantità, meglio se con un certo spirito di leggerezza e creatività. Nel web infatti, forse anche più che nella vita reale, ci si costruisce la reputazione in base a ciò che si fa e a come lo si fa. Per farlo bene bisogna conoscere ciò che si fa (o imparare a farlo) e dedicarvi il tempo necessario, che non può essere poco o residuale ad altro. Personalmente preferisco curare quindi maggiormente la qualità delle relazioni che si possono creare piuttosto che andare a ricercare la quantità, che rischia di portare in sé una inevitabile dose di superficialità od approssimazione. In questo senso le restituzioni ed apprezzamenti che ricevo (ed un esempio evidente possono senz’altro essere le segnalazioni che ho avuto su LinkedIn e che ho raccolto anche nel mio sito) sono da una parte fonte di soddisfazione e riconoscimento e, dall’altra, stimolo e impegno a non deludere i lusinghieri apprezzamenti ricevuti.”
il seguito dell’intervista Artigiani sociali 2.0: l’esperienza di Vittorio Zanon è pubblicato a gennaio 2015 su Scambi di Prospettive, il blog di Prospettive Sociali e Sanitarie.