Cose che gli insegnanti non dicono
Andrea Muni (2009), Cose che gli insegnanti non dicono. Come i bambini imparano e costruiscono la propria storia
Armando Editore, Roma, pp.160
Spunti utili per insegnanti, educatori e genitori... per trarre alcune indicazioni ed esempi per interventi di accompagnamento...
un altro "tassello" per ridare centralità alla scuola.
Oltre al titolo, certamente accattivante, hanno attirato la mia attenzione l'indice e la bibliografia. Il primo mi ha colpito per come coniuga l'essenzialità e la semplicità di un percorso così complesso e delicato quale è l'educazione; nella seconda, indubbiamente molto ricca, ho ritrovato autori ed esperienze a me cari (Freire, Demetrio, l'educazione interculturale...).
Riporto due passaggi dell'autore:
"la scuola non può essere sostituita nella sua funzione essenziale: quella di educare al pensiero dialogico, per mezzo del dialogo, in cui le conoscenze vengono costruite insieme e condivise, in cui un insegnante si propone come compagno e amico di ricerca critica attraverso un dialogo costruttivo in cui ciascuno dialoga con i testi e con gli altri, in cui ciascuno è in dialogo, nel dialogo della storia".
p.35
Riferendosi al dialogo, che viene riproposto tra insegnante e bambini:
"Il dialogo che ho scritto non ha un significato ultimo, unico, definitivo. Non c'è un solo modo di interpretarlo. Nel dialogo ho voluto sparire dietro ai personaggi che agiscono sulla scena. Personaggi che vivono una condizione di povertà, incertezza e precarietà. L'insegnante non sono io, ma è un altro-io. Forse l'insegnante è stato per me una proiezione, un'ombra o uno specchio nel quale mi sono osservato e interpretato. Forse mi sono specchiato nella situazione didattica. In questo specchio, che è una proiezione di me e del mondo, forse mi sono visto e ho visto questo mondo nel quale mi sono trovato e mi sono potuto interrogare sui miei limiti e sulla mia finitezza, che sono i limiti e la finitezza di tutti. Chi più chi meno, tutti sperimentiamo momento per momento la nostra finitezza e i nostri limiti. Noi non ci rassegniamo di fronte a questo rischio e a questa precarietà di ogni nostra azione. Nella tragedia troviamo posto per la commedia e l'ironia. La nostra finitezza si apre sull'infinito e se ne fa partecipe. Le notre mancanze rendono possibile sperimentarci momento per momento abitati e superati da altro che le riempie e supplisce i nostri difetti."
p.40